I nostri bisogni non sono solo nostri.
Le nostre capacità possono rispondere ai bisogni di tutti.
La nostra libertà inizia dove comincia quella degli altri.
Non c’è alternativa, al di fuori di quella che sapremo costruire, insieme
.


Crediamo che la politica abbia senso se finalizzata, come azione comune, all’emancipazione dei soggetti da ogni forma di dominio economico, culturale, politico. Che la politica oggi possa ancora rappresentare l’asse gravitazionale delle biografie individuali, ci pare una fiaba per anziani o per nostalgici che possono crogiolarsi nel ricordo dei bei tempi andati. Rinunciare a immaginare una vita diversa da quella che stiamo facendo, però, non ha nulla di realistico, prima ancora che di desiderabile.

Tra l’una e l’altra opzione si può aprire la possibilità di ripensare radicalmente il senso e le modalità dell’attività politica e il suo rapporto con la vita quotidiana. Co.Mu.Net [Cooperazione e mutualismo in Rete] è il tentativo di dare forma e tornare a praticare assieme questa possibilità. Sentiamo il bisogno di tornare a pronunciare la prima persona plurale perché pensiamo che sia scaduto il tempo delle illusioni volontarie, delle attese vane o delle (più o meno ristrette) zone di comfort.

Non è più tempo di credere che i successi individuali corrispondano necessariamente a processi di emancipazione collettiva. Liberarsi da soli da condizioni di subordinazione materiale o culturale non significa contribuire alla loro trasformazione politica.
Non è più tempo di attendere che si sviluppi una politica dell’emancipazione sulla sola base dell’onestà o delle competenze tecniche di chi partecipa a un movimento o a un partito.
Non è più tempo di anteporre la tattica alla strategia, di definire il nostro immaginario in base al mutevole “scenario politico” del momento.
Non è più tempo di fidarsi delle promesse che scandiscono scissioni identitarie come alleanze o cartelli elettorali a scadenza.
Non è più tempo di attendere la comparsa di “leader soli/e al comando” capaci di recuperare il consenso perduto attorno al carisma della loro personalità.

È tempo di dare vocazione maggioritaria a istanze radicali finora rimaste minoritarie. Per questo, non è più tempo di limitarci a dire soltanto che cosa non vogliamo.

Vogliamo una società che non comprometta l’esistenza e la qualità della vita delle future generazioni: ci impegniamo a costruire politiche che combinino la socializzazione dei benefici derivanti dalle nuove applicazioni tecniche con modelli sociali ed economici compatibili con le risorse limitate del pianeta e i nuovi rischi globali.
Vogliamo una società in cui la bellezza di un territorio e del suo patrimonio artistico e paesaggistico e il tempo libero necessario a goderla siano accessibili a tutt*.
Vogliamo una società libera dalla paura, in cui lavoro, casa, cultura, salute, istruzione, trasporti e partecipazione civica ai processi decisionali non siano una merce.
Vogliamo una società in cui l’appartenenza di classe, la provenienza geografica, l’etnia, l’identità di genere, l’orientamento sessuale non legittimino alcuna pratica oppressiva.
Vogliamo una società in cui le diversità non diventino sinonimo di disuguaglianze materiali, culturali e sociali.

Per realizzarla, vogliamo costruire una comunità politica in cui ogni soggettività oppressa possa diventare protagonista di processi di emancipazione incompiuta, a cominciare dai luoghi di lavoro. Per questo vogliamo una società in cui il lavoro faccia rima con dignità, rispondendo ai bisogni socialmente diffusi, valorizzando conoscenze, capacità, attitudini e competenze delle persone. Vogliamo la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Vogliamo che lo stato incentivi il recupero cooperativistico delle imprese a rischio di fallimento. Vogliamo incentivi fiscali alle imprese vincolati a politiche aziendali che consentano di investire in innovazione tecnologica, purché finalizzata ad aumentare il potere del lavoro su quello del capitale, ovvero a ridurre il tempo di lavoro (a parità di stipendio) per chi già lavora, a dare lavoro a chi lo cerca e a redistribuire gli utili fra i lavoratori e le lavoratrici. Vogliamo che le macchine sostituiscano l’uomo e la donna nelle attività più faticose, usuranti e insensate, a patto che i benefici di questi processi di automazione rispondano ai bisogni della comunità anziché agli interessi di pochi. Per questo vogliamo l’introduzione di una tassazione sui processi di automazione che sacrificano vita e dignità dei lavoratori e delle lavoratrici sull’altare del profitto di pochi.

Vogliamo tutto questo non perché desideriamo combattere o demonizzare la ricchezza: l’amiamo a tal punto da volerla  socializzare. Per la stessa ragione, vogliamo combattere la povertà attraverso una riduzione strutturale delle delle disuguaglianze socio-economiche: vogliamo una tassazione progressiva sui redditi da lavoro e da capitale, sui patrimoni e sugli immobili. In altre parole, vogliamo ridurre le tasse a chi ha di menochi guadagna e possiede meno, deve pagare meno tasse.

Vogliamo una tassazione europea sulle transazioni finanziarie, perché dalla libertà concessa dalla politica ai mercati finanziari è nata l’ultima crisi economica che ha devastato il mondo del lavoro e il welfare delle nostre democrazie. Sappiamo che ciò che vogliamo richiede una riforma radicale delle istituzioni e delle politiche economiche dell’Unione Europea. Siamo fatt* così: ci piacciono le sfide.

Vogliamo che tutt* possano godere di una casa in un quartiere vivibile. Vogliamo nuovi investimenti per la ristrutturazione di edifici abbandonati destinata alla loro trasformazione in case popolari e alla riqualificazione dei quartieri periferici.

Vogliamo una società che rispetti l’articolo 10 della Costituzione italiana, garantendo il riconoscimento dello status di rifugiato a qualunque stranier* a cui sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla costituzione italiana. Vogliamo un’Europa coraggiosa, disposta a non esternalizzare i costi etici ed economici dell’accoglienza dei richiedenti asilo sui paesi confinanti o sui paesi membri di primo arrivo dei flussi migratori. Vogliamo una società in cui chiunque venga accolto possa godere di pari opportunità di auto-realizzazione umana e professionale.

Vogliamo una società in cui tutt*, nessuno escluso, possano vivere liberamente – in pubblico e in privato – la loro sessualità; in cui a ogni unione fra persone che si sono scelte siano garantite le stesse condizioni giuridiche e fiscali.

Vogliamo una società in cui tutt* possano decidere come vivere la propria vita e quando porvi fine.

Vogliamo una società più giusta, in cui nessuno si senta più costretto a compiere scelte che considera sbagliate o poco dignitose a causa della miseria e della povertà. In altre parole, vogliamo un reddito minimo garantito e universale.

Sappiamo che ciò che vogliamo somiglia a un’utopia, ma finora abbiamo esagerato soltanto con la modestia delle nostre rivendicazioni: ci siamo accontentati troppo chiedendo troppo poco alla politica e a noi stessi. Per questo siamo disposti a incarnare in prima persona i valori che ispirano quella che a molti potrà sembrare un’impresa vana, facendo delle pratiche di condivisione di tempo, capacità e risorse il segno di riconoscimento della nostra credibilità. La nostra non è una dichiarazione delle buone intenzioni che ci animano. È un programma di azione politica che misura la sua credibilità sulla base anzitutto della coerenza dei suoi promotori e delle sue promotrici: in altre parole, VOGLIAMO INIZIARE A PRATICARE LA SOCIETÀ CHE DESIDERIAMO MENTRE LOTTIAMO PER REALIZZARLA.

A chi ci rimprovera di chiedere troppo agli altri e a noi stessi rispondiamo: in un paese in cui il 5% più ricco è titolare della stessa quota di ricchezza posseduta dal 90% più povero, chi sta chiedendo troppo a chi?
A chi non sa rispondere o a chi pensa che la nostra sia una missione degna ma impossibile ribattiamo: impossibile è il nome che di solito diamo alla speranza di un’alternativa quando rinunciamo a immaginarla e praticarla assieme agli altri. Insieme renderemo possibile ciò che da soli stenteremmo persino a immaginare.

Per tutte queste ragioni abbiamo dato vita a CO.MU.NET: una comunità auto-organizzata e mutualistica di persone che vuole rispondere ai bisogni concreti dei suoi componenti a partire dalla condivisione delle capacità professionali, delle disponibilità di tempo e delle risorse economiche dei/lle suoi/e soci/e sostenitori/trici.

I servizi e gli sportelli attivati da CO.MU.NET sono erogati grazie alle risorse e alle ore gratuite di impegno dei/lle soci/ie e/o alle loro prestazioni professionali, oltre che da cooperative, mutue e fornitori esterni con cui sono stati raggiunti accordi per ridurre i costi a carico dei/delle soci/e.

I/Le soci/e di CO.MU.NET possono essere soltanto individuali, ma alla vita dell’associazione possono contribuire anche associazioni, comitati e movimenti con cui si stabiliranno collaborazioni, sinergie e alleanze. È già accaduto con i partner che hanno contribuito alla sua nascita: da Officine Corsare al Collettivo di ricerca sociale, passando attraverso l’ARCI, La Società Mutua Piemonte e lo Sportello Ti Ascolto. I/le soci/ie individuali possono essere ordinari/ie o sostenitori/trici, e costituiscono il corpo della comunità. I soci ordinari pagano una quota fissa annuale di 12,00, uguale per tutt*. I/le soci/ie sostenitori/trici, invece, mettono a disposizione della comunità capacità, tempo e risorse a seconda delle loro possibilità; ciascuno riceve dalla comunità secondo i propri bisogni.

Il lavoro dell’assemblea, dei quadri responsabili e del Direttivo ha l’obiettivo di assicurare, tramite processi democratici e partecipativi, l’adeguatezza dei servizi erogati e la capacità di sviluppare proposte e rivendicazioni politiche a partire dalle pratiche mutualistiche messe in campo.

Non c’è alternativa, al di fuori di quella che saremo in grado di costruire, insieme.