I fondatori e le fondatrici di Co.Mu.Net sono soci* che, oltre alla quota sociale annua, nel corso del 2019 hanno versato un contributo minimo di 50,00 € nelle casse dell’associazione per dare avvio a questa nuova avventura collettiva.

Grazie all’iniziativa delle sue fondatrici e dei suoi fondatori, Co.Mu.Net [Cooperazione e mutualismo in rete] raccoglie e sviluppa la storia di lotta, resistenza, intelligenza condivisa, animazione culturale e progettualità politica di Officine Corsare e del progetto della Rete italiana delle imprese recuperate avviato dal Collettivo di ricerca sociale per indagare e valorizzare l’esperienza delle aziende recuperate in maniera cooperativistica dai lavoratori e delle lavoratrici che in Italia e nel mondo hanno messo in comune le loro capacità e risorse per evitare il fallimento della loro impresa.

Co.Mu.Net è il tentativo di calare questa storia di riscatto nella vita concreta di lavoratori e lavoratrici che, pur non condividendo lo stesso luogo di lavoro, credono nella possibilità di costruire un’alternativa radicale e desiderabile alla forma di vita capitalistica, in direzione di un’eco-socialismo femminista e democratico, capace di valorizzare il protagonismo cooperativistico e mutualistico dei lavoratori e delle lavoratrici anziché restare aggrappato alle versioni stato-centriche di questa alternativa.

Sono soci fondatori/trici:

Rocco Alessio AlbaneseMatteo AmatoriLuna AmbrosinoMatteo BessoneCarlo ComandoneGigi CosiEmilio GardiolFrancesca GardiolStefania GhidettiAlice Eugenia GrazianoMaria LabateAnita MarafiotiLeonard MazzoneAndrea PolacchiAlice RavinaleAlessandro RizziFrancesca SalisLivio Sera.

Quando le televisioni ci mostrarono le crepe in un muro,
eravamo troppo piccoli per credere alla favola di una nuova libertà che si sarebbe realizzata attraverso il mercato globale.
Quando, a Genova, alcuni di noi scesero in piazza per dare inizio a un’altra storia,
eravamo ancora troppo giovani per lasciare l’ultima parola al disincanto e all’orrore travestito da ordine pubblico.
Quando iniziarono a darci dei “bamboccioni” e a darci lezioni di ignoranza,
trasformammo il deserto delle aule universitarie in un’Onda anomala.
Quando tutti ci ripetevano che non saremmo sopravvissuti alla sconfitta e alla bassa marea,
costruimmo i nostri cantieri e le nostre officine corsare per rivendicare e praticare la libertà di solcare i mari.
Quando tentarono di privatizzare anche l’acqua,
trasformammo le loquaci maggioranze di questo paese in minoranze silenziose.
Quando iniziammo a organizzarci per diventare maggioranza,
ci concentrammo su di noi e finimmo per dimenticarci di loro.
Quando ci dimenticammo di loro, l’io prese il sopravvento su di noi.
Oggi torniamo a usare la prima persona plurale non soltanto per le condizioni materiali e la precarietà lavorativa che ci accomunano.
A unirci è la convinzione che l’alternativa politica e sociale alle destre più e meno estreme passi attraverso pratiche capaci di rispondere a bisogni condivisi, mettendo in comune le competenze professionali, le disponibilità di tempo e le risorse materiali di ciascun*.