Un progetto malpensato? Un nostro piccolo contributo sulla vicenda Meisino
Comunet Officine Corsare sta seguendo con profondo interesse il dibattito sorto attorno al progetto del “Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino” promosso dalla città di Torino. Si tratta di un’iniziativa che riteniamo, a dir poco, discutibile per molteplici ragioni: lo stanziamento di ingenti fondi pubblici senza un’adeguata valutazione dell’effettiva utilità e fattibilità del progetto, dei potenziali danni arrecati al parco e alla sua biodiversità, dei rischi legati alla costruzione in aree particolarmente delicate, a cui aggiungere la mancata considerazione dei reali bisogni del quartiere e della città e, infine, l’assenza di un coinvolgimento autentico e trasparente della cittadinanza.
Come collettivo, abbiamo avviato un confronto con le realtà e i comitati locali che da tempo si oppongono al progetto, avanzando argomentazioni solide che, tuttavia, continuano a essere ignorate o, peggio, ostacolate anche da provvedimenti severi contro chi, in modo pacifico, si impegna per difendere il territorio e una causa di interesse collettivo. Il presente documento si articola in tre sezioni principali: una breve descrizione del progetto con particolare attenzione agli elementi chiave; un’analisi delle criticità tecniche, ambientali e sociali ad esso legate; e, infine, una riflessione sulle implicazioni politiche e sull’importanza della cittadinanza attiva nel contrastare progetti che non rispondono alle reali esigenze del territorio e della comunità.
Riepilogo del progetto
Il progetto del “Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino” prevede il recupero della Cascina Malpensata (ex-galoppatoio militare “Ferruccio Dardi”) come polo dedicato all’educazione ambientale e sportiva, insieme alla realizzazione di strutture leggere e reversibili per la pratica sportiva integrate nel parco. Stando ai dati del progetto rilasciati dal Comune di Torino, gli interventi interessano il 10% dell’intera superficie del parco del Meisino e non toccano le aree più pregiate (isolone di Bertolla, sponde del Po e confluenza, spiaggia). Tuttavia, la capziosità di questi dati è evidente: la sola introduzione di macchinari pesanti all’interno del parco ha già compromesso la sua integrità, estendendo l’area di interesse ben oltre il 10%.
Secondo la presentazione del progetto, solo alcune zone attigue alla Cascina Malpensata (zone umide) saranno valorizzate attraverso l’educazione ambientale e protette con barriere naturali. L’accesso a tali zone sarà regolamentato.
L’obiettivo è dare vita a un centro sportivo e di didattica ambientale all’avanguardia, offrendo un nuovo spazio pubblico di aggregazione che contribuisca al benessere sociale della comunità.
L’intero progetto avrà un costo di 11,5 milioni di euro, scorporati dal bilancio. Un altro dato rilevante è la riduzione di CO2 pari al 48,98% e delle emissioni di PM10 di 40 kg/anno. Tuttavia, non sono disponibili riferimenti scientifici su tali dati: non sono riportati gli studi che hanno condotto a questi risultati, né la firma di chi ha prodotto tali affermazioni.
Premessa introduttiva e progetto di riqualifica del parco
Il progetto è stato analizzato puntualmente così come i documenti elaborati dalla Consulta per l’Ambiente e per il Verde e quelli del Comitato Salviamo il Meisino.
Secondo i dettagli disponibili alla pagina Torino Cambia – Meisino Il progetto del “Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino” prevede la riqualificazione del Parco del Meisino e della Cascina Malpensata. Gli interventi paesaggistici includono il miglioramento delle fasce boschive, la messa a dimora di alberi, la protezione delle zone umide e la creazione di percorsi naturalistici. È inoltre prevista una passerella ciclopedonale per collegare le due aree del parco separate da Corso Don Luigi Sturzo, migliorando anche il tracciato della Ciclovia VenTo.”
Come si legge dal documento elaborato dalla Consulta per l’Ambiente e per il Verde del 16 aprile 2019 “EX-GALOPPATOIO DEL MEISINO, QUALE FUTURO?”:
“Il futuro dell’ex-galoppatoio del Meisino è stato più volte discusso, in diverse Commissioni Consiliari, fin dal momento in cui si stava definendo il passaggio dal Demanio al Patrimonio della Città. Quest’area, il cui destino fin dagli anni ’90 è stato molto a cuore alle Associazioni Ambientaliste e ai gruppi di cittadini attivi sul territorio, con particolare riguardo a Borgata Rosa, è stata acquisita definitivamente al patrimonio della Città nell’ottobre del 2016. Tuttavia, erano emerse criticità legate all’impegno di aprire al pubblico una parte significativa dell’area, naturale completamento del parco del Meisino, mentre appariva evidente che andava definito con maggiore attenzione il destino degli edifici presenti (in cospicua parte da abbattere).”
Da questo documento emerge chiaramente che l’interesse per il Meisino risale a tempi non sospetti. Nonostante la Consulta Cittadina del Verde avesse manifestato evidenti perplessità sull’apertura dell’area alla cittadinanza, il “destino” (recupero o abbattimento) degli edifici sembrava essere un tema politico e sociale rilevante. Si può quindi ipotizzare che la disponibilità di finanziamenti europei (teoricamente legati alla transizione ecologica) sia stata la “leva” che ha consentito all’attuale amministrazione cittadina di presentare un complessivo progetto di riqualificazione del parco.
Criticità emerse
Già nel settembre 2021, la Consulta Cittadina aveva espresso forti perplessità sul progetto come riportato come riportato nel documento “SITUAZIONE CRITICA DELL’EX-GALOPPATOIO DEL MEISINO”, del 23 settembre 2021. Sul testo si legge:
“La nostra Consulta ha più volte richiamato l’attenzione sulla situazione critica creatasi nell’area dell’ex-galoppatoio militare Ferruccio Dardi al Parco del Meisino (ca. 35.000 mq). L’intera area, dismessa dal Demanio, ricade nella Zona di Protezione Speciale (IT1110070), costituita dall’Area della Confluenza (Colletta, Arrivore, Meisino). Si trova accanto alla Riserva Naturale Speciale del Meisino e dell’Isolone di Bertolla, e dovrebbe essere oggetto di un piano di gestione concordato dalla Città di Torino con l’Ente Parco del Po Piemontese.”
Nel documento si sottolinea anche il rischio ambientale connesso alla realizzazione del progetto:
“Tale progetto confligge con le necessità di tutela della parte Nord dell’ex-galoppatoio (con una piccola area umida) e di tutta la sponda rivolta verso l’area della Confluenza, dove purtroppo si sta consolidando un percorso ciclabile utilizzato soprattutto da mountain bike, assolutamente incongruo trattandosi di zona di nidificazione dell’avifauna grazie alla vegetazione ripariale. Nell’area sono presenti 127 specie di uccelli, alcune delle quali incluse nella Direttiva Habitat della CEE.”
Si può invece notare, in uno degli ultimi documenti rilasciati dalla Consulta, come ci sia stato un evidente cambio di registro e arrendevolezza sul progetto così come è stato presentato. Infatti in un documento del 22 dicembre del 2022, si può leggere:
“[…] Chiediamo gentilmente agli Enti in indirizzo di conoscere: se le attrezzature sportive, pur “leggere”, previste nei contorni dell’ex-Galoppatoio, come pure le altre sistemazioni (passerelle metalliche) previste nella Zona Umida (oggetto di speciale protezione) non costituiscano anch’esse impatti significativi. […] Gli impianti sportivi ipotizzati in quest’area consistono in attrezzature per il Pump Track, pista da Ciclo Cross, Skills Bike Park, Nordic Ski, Biathlon (mentre il Cricket è previsto in altra parte del Parco). L’area corrisponde alla Scheda A141 del Piano Paesaggistico Regionale ed è oggetto anch’essa di tutela (pur essendo esterna alla Zona di Protezione Speciale), rientrante tra le aree contigue del Sistema delle Aree Protette delle Fasce Fluviali del Po. Essa costituisce inoltre una sorta di “trait-d’union” tra la riserva Naturale del Meisino e dell’Isolone di Bertolla e il Parco Naturale della Collina di Superga, pur con la cesura dell’asse viabile di corso Casale. […]”
Tutti questi dubbi e perplessità sono caduti nel vuoto.
Implicazioni politiche e cittadinanza attiva
Il progetto del Meisino rappresenta un emblema della gestione odierna della cosa pubblica, frutto di una doppia deriva. Da un lato, l’adozione di una visione aziendalista delle amministrazioni, che ha trasformato sindaci e assessori in amministratori delegati e manager, relegando i cittadini a meri spettatori. Dall’altro, un antropocentrismo obsoleto e miope che continua a promuovere un approccio predatorio al governo del territorio, tutto centrato sull’estrazione di valore monetario e incapace di costruire una strategia sostenibile.
Queste derive si manifestano nel metodo DAD (decidi, annuncia, difendi), che compromette la democrazia su più fronti: esautorando il consiglio comunale e mortificando la rappresentanza, pratica consolidata anche nell’attuazione del PNRR, e ignorando le istanze di una cittadinanza che finalmente si mobilita. Parallelamente, il contenuto stesso del progetto lascia emergere una certa irresponsabilità sulle questioni ecologiche e ambientali Trasformare in un parco giochi pesantemente infrastrutturato una riserva che, per le sue specificità di contesto – anzitutto la sua vocazione ad accogliere le piene dei bacini fluviali, con un alto rischio (e non una mera possibilità) di allagamenti periodici – deve restare uno spazio libero da eccessiva antropizzazione, rivela una visione miope che riduce la natura a mera cornice ludica, ignorando il suo ruolo cruciale in un’epoca di crisi climatica e ambientale.
L’iter del progetto si inserisce in un quadro politico desolante, dove operazioni estrattive vengono spesso vendute da interventi di riqualificazione e transizione ecologica. Non possiamo che domandarci perché, in una città come Torino – tra le più inquinate d’Italia – perfino un’amministrazione di centrosinistra, per la quale la giustizia ecologica e climatica è o dovrebbe essere una stella polare, sprechi così risorse e verde pubblico. In un contesto storico così critico, allora, la difesa del verde non rappresenta più una scelta solamente ambientale, ma una forma di resistenza, indispensabile per il futuro e per rivendicare maggiore democrazia locale.
Per questo, è doveroso riconoscere il lavoro del comitato “Verde, salviamo il Meisino”, che con impegno e sacrificio ha contribuito a rallentare i lavori, ponendo l’attenzione sull’assurdità di questo progetto. Tuttavia, le sole pratiche di disobbedienza civile non bastano: è necessario avviare un confronto serio per valutare la possibilità di trasferire la progettazione della cittadella dello sport in un’altra area più adatta, evitando così uno spreco insensato di denaro e risorse naturali.
La riduzione del progetto iniziale
Il 10 dicembre scorso sono stati annunciati alcuni ridimensionamenti rispetto al progetto iniziale, riconoscendo, seppur in minima parte, l’impegno politico profuso dal Comitato Salviamo il Meisino e, più in generale, dai comitati verdi attivi in città.
Secondo quanto riportato da vari quotidiani online, le modifiche al progetto iniziale riguarderebbero la riallocazione delle piste di pump track e skill bike in un campo da calcio inutilizzato sulla sponda destra del Po e l’eliminazione della passerella sopraelevata nell’area umida.
Per quanto queste modifiche possano apparire significative, in realtà evidenziano solo l’imbarazzo con cui l’intero progetto viene difeso dai suoi fautori. Infatti, i tracciati delle piste di pump track e skill bike sono stati realizzati prima dell’annuncio della riduzione del progetto, e l’eliminazione della passerella sopraelevata nell’area umida non deve essere confusa con la passerella ciclopedonale (come erroneamente riportato da alcuni quotidiani).
Quest’ultima, infatti, rappresenta una voce di spesa considerevole all’interno dell’intero progetto.
Conclusioni
L’iniziale esigenza di un intervento non invasivo, pensato per migliorare la fruibilità collettiva di un’area naturalistica attraverso segnaletiche e accorgimenti paesaggistici, si è risolto invece in un progetto milionario finanziato con fondi PNRR. Lo scopo dichiarato è quello di rendere “green” e accessibile un parco naturale, ma il progetto rischia di compromettere l’equilibrio ecologico della zona. I documenti riportati dalla Consulta parlano in modo chiaro: sul Meisino sono state sollevate fin dall’inizio continue perplessità. Nonostante ciò, si è continuato a difendere un progetto che, se non fosse per la gravità della situazione, presenterebbe risvolti quasi comici. Rivendicare dati di riduzione di CO2 o PM10 senza alcun riferimento scientifico è un esempio lampante di come si tenti di mascherare uno spreco di risorse sotto il nome di transizione ecologica.