Una risposta alle associazioni della proprietà immobilitare
La mattina del 6 novembre, in un’affollata conferenza stampa convocata ai sensi dell’art. 11 del Regolamento cittadino n. 297 sulla partecipazione, la campagna Vuoti A Rendere ha esercitato il proprio diritto di tribuna, presentando alla città le proprie proposte in materia di “Nuove tutele per il diritto alla casa – censimento e restituzione alla città di alloggi in stato di non uso”. L’iter consiliare della nostra proposta di delibera di iniziativa popolare è ormai alle porte, e noi di Comunet Officine Corsare – che tanto stiamo contribuendo alla campagna – siamo stat3 felici di vedere quanto gli organi di informazione abbiano capito la ragionevolezza dei nostri obiettivi.
Quello che davvero non potevamo aspettarci è che la diffusione dei contenuti della nostra campagna generasse, da parte di molte associazioni della proprietà immobiliare, una reazione tanto immediata quanto scomposta. Sabato 9 novembre è apparsa, a pagina 86 de La Stampa, un’informazione a pagamento dal titolo “Quando la proprietà privata è chiamata a risolvere l’emergenza abitativa: vuoti a rendere o vuoti a prendere?”.
Le associazioni firmatarie – APE, UPPI, CONFAPPI, ASPPI, APPC, CONFABITARE e FEDERCASA – aprono il loro documento (poi ripreso dal Corriere Torino il 12 novembre) riconoscendo che a Torino c’è una grande questione abitativa, e che per risolverla serve programmare un intervento pubblico basato sul coinvolgimento di tutti gli interessi in causa (comprese le stesse associazioni firmatarie). Fino a qui nulla da eccepire. Con la campagna Vuoti A Rendere noi proponiamo esattamente questo: una politica pubblica chiamata, in una città che è tra le capitali degli sfratti e del disagio abitativo, ad affrontare e risolvere in modo innovativo, con la partecipazione di tutti gli attori rilevanti, il problema rappresentato dallo scandaloso numero di case – pubbliche e di grandi proprietari privati (almeno cinque alloggi di proprietà nel territorio comunale) – vuote.
Poi, però, le associazioni della proprietà immobiliare tradiscono lo spirito collaborativo delle loro premesse. La contestazione delle soluzioni immaginate nella nostra proposta di delibera di iniziativa popolare è ferma, totale, radicale. Ma andiamo con ordine.
Anzitutto, a essere contestata è la richiesta di censimento. Le associazioni firmatarie ritengono che Vuoti A Rendere basi le proprie proposte su “dati che non hanno un fondamento certo e per nulla giustificati”, perché non capaci di tenere conto di tutta una serie di circostanze. Tra i fattori trascurati ci sarebbero: l’esistenza di abitazioni occupate da soggetti che non hanno la residenza nella casa che abitano; l’esistenza di abitazioni vuote perché poste sul mercato per essere vendute o affittate; l’esistenza di abitazioni lasciate vuote da proprietari colpiti da precedenti “esperienze negative” con i conduttori; l’esistenza di case vuote di proprietà pubblica; le più generali incertezze sui numeri delle case vuote a Torino.
Ognuna di queste obiezioni merita una breve risposta.
Case affittate a student3, o con contratti transitori, o con locazioni brevi, ovviamente non risultano vuote (a meno che non siano affittate “in nero”). Vuoti A Rendere non si occupa quindi di queste abitazioni, e semmai riconosce che le locazioni brevi e quelle turistiche sono un problema da affrontare presto, se non vogliamo vedere aggravata la crisi abitativa di Torino.
Una casa di un grande proprietario privato può essere vuota perché, anche se collocata sul mercato delle vendite o delle locazioni, non ha trovato ancora un compratore o un conduttore. Ebbene, una delle più consistenti ragioni alla base di simili situazioni sta nei prezzi richiesti per l’acquisto o la locazione, troppo alti. In questi casi, per la grande proprietà la scelta più ragionevole è quella di abbassare le pretese, per andare incontro alla domanda del mercato. La scelta di lasciare una casa vuota, con l’obiettivo futuro di massimizzare la rendita fondiaria che da quel bene può estrarsi, si traduce invece in un abbandono di attesa speculativa non sempre giustificabile.
Certamente può capitare una “esperienza negativa con inquilini morosi”. Ciò, però, non rende sempre e comunque legittimo lasciare una casa vuota. A questo riguardo le proposte di Vuoti A Rendere sono duplici. Da un lato, pensiamo che il rilancio di Lo.C.A.Re sia cruciale per promuovere (anche con garanzie per i proprietari privati) l’accessibilità delle case affidate all’agenzia sociale comunale per la locazione. Dall’altro lato, siamo convint3 che recuperare migliaia di case alla disponibilità collettiva sarà una leva efficace anche per gestire le morosità incolpevoli, individuando alternative alloggiative adeguate per le persone in disagio abitativo o a rischio di sfratto.
Abbiamo ben presente, infine, l’esistenza di troppi alloggi vuoti di proprietà pubblica. E sappiamo che il patrimonio edilizio pubblico, se gestito bene e con risorse adeguate, può essere fondamentale per risolvere la questione abitativa. Con questa consapevolezza abbiamo chiesto una “moratoria” dei piani di alienazione di immobili di proprietà comunale. Inoltre, le nostre proposte riguardano anche gli enti pubblici proprietari a Torino di case in stato di ingiustificato abbandono: prima tra tutti ATC, sulla cui gestione vorremo presto accendere i riflettori.
Tutte queste considerazioni ci portano all’obiezione più generale: quella che vede le associazioni firmatarie contrastare la richiesta di censimento per via delle incertezze sul numero delle case vuote a Torino. Il cortocircuito logico di questa presa di posizione è evidente: è proprio perché mancano dei numeri chiari, trasparenti e pubblicamente validati che Vuoti A Rendere chiede un censimento!
Avere conoscenza pubblica di quante sono, di dove sono e di chi sono le case vuote a Torino è un presupposto indispensabile di qualsiasi seria politica abitativa. Allora, ci chiediamo, com’è possibile che le associazioni della proprietà immobiliare scelgano la via di una contestazione pregiudiziale?
Forse la risposta a questo interrogativo è da cercare in altri passaggi del comunicato. Per esempio, le associazioni firmatarie avanzano le proprie obiezioni “indipendentemente dal numero minimo di unità abitative” da noi proposto per individuare una grande proprietà privata. Prescindere da questo elemento è però grave. Vuoti A Rendere non intende accusare ingiustamente tutti i proprietari privati. Al contrario, si tratta di adottare una politica abitativa capace di responsabilizzare, con strumenti ragionevoli e graduali, i casi di assenteismo ingiustificato dei proprietari pubblici e delle grandi proprietà private (persone fisiche o enti con almeno 5 unità abitative in proprietà nel territorio comunale).
Le associazioni della proprietà immobiliare, facendo le proverbiali “orecchie da mercante” su questo elemento essenziale, contribuiscono a creare un clima di ingiustificato allarmismo e non si accorgono di aver ingenuamente svelato tutti i loro pregiudizi.
Per esempio, non può che suonare come un pregiudizio, figlio di un certo estremismo ideologico, additare le sanzioni pecuniarie e la requisizione – che noi consideriamo una extrema ratio, per il cui utilizzo occorrono, lo sappiamo bene, alcuni approfondimenti tecnici – come uno “slogan preconfezionato” e “un’iniziativa incostituzionale”. Ugualmente prevedibile è la scelta di sottolineare che “la proprietà privata ha già contribuito molto”, fornendo importanti entrate alle casse comunali. A questo proposito domandiamo: la collettività deve forse ringraziare l3 proprietari3 per il fatto di pagare imposte come l’IMU o la “cedolare secca”, una vera e propria flat tax sulla rendita fondiaria estratta tramite il mercato delle locazioni?
La domanda è retorica, per noi. Altrettanto retorica, e inaccettabile, è però la scelta delle associazioni della proprietà immobiliare di liquidare le nostre proposte come mere “questioni propagandistiche”. Vuoti A Rendere non fa propaganda. Con la nostra delibera di iniziativa popolare poniamo al dibattito pubblico torinese e al consiglio comunale – il principale luogo collegiale della rappresentanza cittadina – proposte serie e concrete, ispirate ai migliori standard europei delle politiche abitative in materia di vuoti edilizi.
Dopo più di venticinque anni di politiche basate solo sugli “incentivi” alla proprietà la questione abitativa, a Torino e in Italia, è più grave che mai. I tempi sono maturi per affermare che il non uso della proprietà non è sempre un legittimo esercizio di un diritto, potendo invece creare costi collettivi intollerabili che si scaricano anzitutto sul fondamentale diritto all’abitare di tutt3 e di ciascun3. I tempi sono maturi per dotarsi, anche a Torino e in Italia, di politiche abitative ambiziose, capaci di affiancare gli incentivi con principi e strumenti di responsabilizzazione della grande proprietà edilizia, pubblica e privata.
Sappiamo bene che proposte così ragionevoli, seguite in maniera bipartisan in molti Stati europei, possono suonare “radicali” in un Paese come l’Italia, le cui politiche abitative si limitano da decenni a difendere ideologicamente gli interessi proprietari nel momento stesso in cui i bisogni abitativi sono ignorati o, peggio, criminalizzati.Ma il punto è proprio questo: Vuoti A Rendere con le sue proposte ha nominato un tabù, e le reazioni che suscitiamo mostrano che a essere propagandistico non è il nostro lavoro, ma l’atteggiamento di chi ancora pensa che la proprietà edilizia sia sacra e intoccabile.