Abitare case e città dentro e oltre la pandemia
15 Luglio 2020 19:00/21:00
La fase più acuta della pandemia ci ha lasciato in eredità una rinnovata consapevolezza di quanto siano fondamentali gli spazi che abitiamo. Durante il lockdown, e poi cominciando a ritrovare giorno per giorno lo spazio pubblico, abbiamo capito che occuparsi della qualità delle case e dei territori in cui viviamo significa affrontare le ingiustizie e le sfide (sociali, ecologiche, di genere, razziali) che caratterizzano il nostro modo di stare insieme.
Abbiamo visto che per troppe persone “restare a casa” non è stato possibile, e che per tante altre ciò ha significato mettere a repentaglio la propria incolumità psicofisica. Abbiamo toccato con mano il dramma di chi a casa avrebbe voluto restarci per proteggere sé e i propri affetti dal virus, ma è stato costretto a spostarsi e a lavorare in condizioni che hanno moltiplicato le occasioni di contagio. Abbiamo sperimentato che essere privati degli spazi che abbiamo in comune per le nostre relazioni significa vivere una vita triste, dimezzata.
Se questo è vero, dobbiamo allora domandarci come si possono abitare case e città dentro e oltre la pandemia. Uno spartiacque per fare finalmente i conti con il declino dell’urbanistica che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Citando un passaggio di un recente articolo del prof. Giancarlo Consonni, tra gli ospiti del nostro incontro,
negli ultimi quattro decenni chi ha avuto ed ha la responsabilità della Cosa pubblica non ha nemmeno provato a mettere a punto obiettivi che andassero nel senso del “fare città”. È questo perché integrazione, inclusione e coesione sociale – e affabilità e bellezza civile – non sono state viste come finalità prioritarie da perseguire nelle trasformazioni, fisiche e funzionali, dei contesti urbani e metropolitani. Il vuoto di analisi e di proposte della politica ha così spalancato la strada agli operatori privati, cui sono state vieppiù delegate le decisioni su caratteri e forme delle trasformazioni urbanistiche. Non poco del destino delle generazioni future è lasciato nelle loro mani, senza che questo costituisca motivo di scandalo.
Per non tornare all’insostenibile “normalità” che ha preceduto il coronavirus, dobbiamo allora provare non solo a immaginare e costruire collettivamente spazi di vita giusta e sicura per tutti e tutte, ma anche recuperare il corretto rapporto tra le tre sfere (privata, collettiva e pubblica) che conformano le parti omogenee di un organismo urbano.
Il nostro mini-ciclo di incontri su diritto all’abitare e questioni urbane si chiude, dunque, con una tavola rotonda a più voci. Con l’obiettivo di cominciare a raccogliere risposte date da differenti punti di vista a questi interrogativi. Con l’ambizione di creare le condizioni per diffondere e condividere esperienze e rivendicazioni, capaci di creare, ovunque sia possibile, laboratori per il diritto alla città e per ritrovare la capacità di “fare città”.
Intervengono
- Giancarlo Consonni (Emerito PoliMi)
- Carlo Cellamare (La Sapienza – Roma)
- Alessandra Quarta (Università di Torino)
Modera
- Rocco Albanese (Comunet – Officine Corsare)
L’evento sarà trasmesso in streaming sulla nostra pagina Facebook e su quelle degli altri organizzatori.
Info ed eventuali aggiornamenti sulla pagina Facebook dell’evento.